«In Sardegna scegliamo la vita. Spezzando la solitudine»
Mentre la Regione discute una legge sull'aiuto a morire, le esperienze di sostegno alle gravi disabilità fanno sentire la loro voce. Che parla di una scelta per la dignità delle persone più fragili
Maria Chiara Cugusi
|3 mesi fa

- | La manifestazione “Sla in Fest” promossa dall’Associazione “InSieme si può”
In Sardegna, mentre la Regione sta discutendo una legge sul suicidio assistito tra molte voci contrarie, la malattia diventa forza e riscoperta del valore della vita. Qui alcuni malati di Sla e i loro familiari trasformano il dolore e la fragilità in impegno e speranza. Attorno a loro è nata una rete viva, che rivendica il diritto alla cura e alla dignità. Bruno Leanza convive con la Sla da 27 anni. «È forse la malattia più terribile - racconta sua moglie, Tiziana Lai - ma ha anche una capacità sorprendente: quella di restituire senso a chi sta intorno».
Nel 2008 ha fondato a Sanluri (nel Medio Campidano) l’Associazione “Gli amici di Bruno”: un coro che porta musica e gioia nelle Rsa. Il messaggio è chiaro: promuovere la forza dell’amicizia e dell’amore, come ha sempre voluto suo marito. Due anni fa, Tiziana ha intrapreso una nuova sfida, con la creazione di una realtà più ampia, l’Associazione sarda sclerosi laterale amiotrofica “InSieme Si Può”, di cui è co-fondatrice e segretaria regionale, che unisce malati, familiari e volontari di tutta l’Isola. Un’idea maturata in seguito a un pellegrinaggio di gruppo a Roma, sei anni fa, per incontrare Papa Francesco. « Abbiamo capito che non poteva finire lì» racconta Monica Masala, anche lei co-fondatrice e membro del consiglio direttivo.
Ex dipendente ospedaliera, madre, moglie, anche lei ha trasformato la malattia in impegno per gli altri: «Una volta alla settimana recitiamo il Rosario per chi lo chiede – dice –. Inoltre, sono una malata “produttiva”: grazie all’incontro con una dottoressa specializzata in cure palliative ho contribuito all’individuazione di un luogo per il trattamento di agopuntura destinato ai malati di Sla». In Sardegna, dove circa 300 persone convivono con questa malattia, sia l’incidenza (3,6 persone su 100.000 abitanti l’anno), sia la prevalenza (18% su 100mila abitanti) sono tra le più alte d’Europa. Nell’Isola una presa in carico adeguata è pertanto fondamentale. «La medicina ha fatto progressi – spiega Giuseppe Borghero, neurologo e responsabile del Centro Sla del Policlinico di Cagliari, uno dei tre centri di riferimento a livello regionale (oltre 200 pazienti seguiti) –. Esistono farmaci che riescono a rallentare la progressione, e poi c’è una nuova terapia genica, che però può aiutare solo una minoranza di pazienti. Ma la vera svolta è la rete, fatta di professionisti, famiglie, volontari, grazie a cui la solitudine lascia spazio alla dignità». In questi anni l’associazione, guidata da Giuseppe Lo Giudice, si è rafforzata sempre più, fino a costituire un punto di riferimento per tutta la Sardegna.

«Ogni giovedì – aggiunge Tiziana Lai – andiamo a conoscere i nuovi malati». Tra i traguardi raggiunti, «l’incremento dei fondi per il progetto regionale “Ritornare a casa” – spiega Annarosa Podda, co-fondatrice e membro del consiglio direttivo – fiore all’occhiello della Sardegna, per garantire un’assistenza domiciliare dignitosa e uguale per tutti». Annarosa da nove anni convive con la Sla. « All’inizio ho reagito male – afferma –. Poi ho capito che quel dolore poteva diventare qualcosa di utile». Oggi è rappresentante dei pazienti nella Commissione regionale per la Sla. «Ogni giorno combatto per chi non ha voce». Grazie all’accordo con la Marina mi-litare, nelle ultime due settimane di agosto e per tutto settembre i malati potranno essere accompagnati al mare. L’associazione è anche svago, gioia – come con la manifestazione “Sla in Fest” –, e fede condivisa: a Natale è l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, a celebrare la Messa. «Per noi è un punto di riferimento – continua Annarosa –: ci chiama “Testimoni di gioia e ministri di speranza”».
Con lui il gruppo, lo scorso giugno, si è recato in pellegrinaggio giubilare a Roma, dove ha incontrato Papa Leone XIV. Antonella Pazzola è una ex insegnante di scuola primaria: attraverso il puntatore oculare, raccoglie pensieri e poesie in un libretto “Amo la vita”. «La malattia mi ha tolto tanto, troppo – dichiara –, ma mi ha dato tanto amore, affetto». Lei e il marito Pietro pregano ogni giorno. «Ti ho trovato anche nella sofferenza» scrive Antonella in una delle sue pagine più profonde. È lì che riconosce la presenza viva di Dio. Storie di speranza arrivano da tutta l’Isola. Ad Ales (provincia di Oristano), Andrea Turnu (Dj Fanny) la forza per reagire l’ha trovata nella musica, grazie a cui è riuscito a raccogliere fondi per la ricerca. « È da sempre un’ancora di salvezza, una delle cose più importanti per me, e la faccio con il solo movimento degli occhi». “Con gli occhi” è il nome della sua associazione: tra le attività, l’aiuto alle famiglie dei malati nel trasporto.
A Pattada, nel nord dell’Isola, Angelo Carboni, ex insegnante, grazie al puntatore oculare, scrive e pubblica testi su identità, lingua e tradizione. «Voglio continuare a essere parte attiva della comunità», racconta. «Ogni risveglio è un dono. Inizio con il rosario e concludo ringraziando il Signore». A dargli forza, la moglie, i familiari, i medici, infermieri, assistenti che «oltre ad assicurarmi il sostegno palliativo – conclude – sono diventati informatori, persone di casa, che ringrazio spesso per la sincera amicizia e l’incoraggiamento ad andare avanti».
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