Basta con il "mercato della medicina", è l'ora della prevenzione

La salute non può essere una “industria”: serve una svolta culturale che promuova informazione e buone abitudini di vita: molte malattie dipendono dai nostri comportamenti

Silvio Garattini
|4 mesi fa
Basta con il "mercato della medicina", è l'ora della prevenzione
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Essendo cresciuto all’oratorio di Borgo Palazzo a Bergamo nell’ambito dell’azione cattolica giovanile e di gioventù studentesca, ho molto apprezzato la proposta di papa Francesco per l’attuale Giubileo. La speranza è una delle tre virtù teologiche: Fede, Speranza e Carità. La Speranza nasce dalla Fede e dovrebbe essere la base per la Carità. La mia visione del termine speranza è legata alla mia attività professionale che per oltre 70 anni mi ha dato, e continua a darmi, la possibilità di partecipare a migliorare la salute del mondo ed in particolare dell’Italia.
La mia speranza infatti è che si possa realizzare una grande rivoluzione culturale per fare in modo che il mondo della medicina abbia come primaria missione la prevenzione anziché il mercato delle cure. La durata di vita della popolazione italiana è fra le più alte del mondo con una media di 83,3 anni (81,3 per i maschi e 85,1 per le femmine). Tuttavia se analizziamo invece la durata di vita che dovrebbe essere di maggiore interesse e cioè la durata di vita sana scendiamo al quindicesimo posto nella graduatoria internazionale. Una perdita media di 1520 anni che tende ad annullare anche la differenza fra maschi e femmine. E’ quindi importante chiederci come mai abbiamo questa differenza. La differenza in realtà è dovuta al fatto che la medicina negli ultimi 50 anni ha posto al centro della sua attenzione la cura delle malattie. La risposta può sembrare paradossale perché ci si può chiedere di cosa si debba occupare la medicina se non di provvedere alle cure. Non vi è dubbio che in questo senso si siano ottenuti dei risultati perché abbiamo a disposizione più farmaci spesso di attività più elevata del passato, migliori trattamenti medico chirurgici, possibilità di trapiantare organi e così via.
Tuttavia questa attenzione alle cure ha creato il grande mercato della medicina che in Italia assomma fra spesa pubblica e privata a circa 200 miliardi di euro. Ad esempio se osserviamo la spesa pubblica per il farmaco il mercato assomma con un totale, fra pubblico e privato, di 37 miliardi di euro, molte delle differenze sono dovute a prodotti senza base scientifica come ad esempio i 5 miliardi di euro annuali spesi privatamente per acquistare integratori alimentari. Il mercato della medicina come qualsiasi mercato per sua natura tende ad aumentare avendo a suo vantaggio il monopolio della informazione. Medici e pubblico ricevono informazioni solo da chi vende. Le società scientifiche sono finanziate da chi vende perfino la organizzazione dei congressi e la presenza di molti dei presenti è sostenuta di chi vende. La pubblicità invade tutte le fonti di informazione spesso in modo falso, mentre manca completamente un controllo della pubblicità e ogni forma consistente di informazione indipendente.
Il mercato aumenta i suoi volumi in varie direzioni. Per esempio attraverso la legislazione europea che per l’approvazione di un nuovo farmaco richiede tre caratteristiche: qualità, efficacia e sicurezza, ma non richiede confronti con i farmaci già esistenti con la stessa indicazione. Si ha così una pletora di farmaci per ogni indicazione senza la possibilità di sapere cosa è meglio o peggio. Si può calcolare che almeno il 40 percento dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale potrebbero essere eliminati senza danneggiare le possibilità terapeutiche, invece questa situazione gioca a favore dell’industria perché ogni industria può dire che il suo farmaco è il migliore senza poter essere contraddetta proprio perché non si fanno confronti, ma di solito si fanno studi solo contro il placebo. Gli stessi medici di fronte a un numero di farmaci diversi ma per la stessa indicazione terapeutica non hanno criteri con cui prendere decisioni terapeuticamente sensate. Diversa sarebbe la situazione se la legislazione dicesse: qualità, efficacia, sicurezza e valore terapeutico aggiunto.
L'industria non vuole questo cambiamento perché bloccherebbe l’immissione in commercio della maggior parte dei farmaci. Infatti se si facessero confronti non verrebbero approvati i farmaci con efficacia inferiore o eguale a quelli esistenti e nel caso in cui vi fosse un trattamento più efficace verrebbero eliminati gli altri. L’informazione di chi vende ci fa credere che i livelli di normalità debbano essere più bassi di quelli considerati per molto tempo “normali”. Se si diminuisce il livello di normalità per il colesterolo, per la pressione arteriosa e per la glicemia si prescrivono e si vendono molti più farmaci. Infine i farmaci vengono studiati in animali maschi e in maschi adulti ma poi vengono somministrati prevalentemente alle donne gli anziani e ai bambini senza adeguati protocolli per cogliere le differenze.
Ad esempio gli anziani utilizzano quasi il 70 percento dei farmaci cardiovascolari, ma sono raramente presenti in numero adeguato negli studi clinici controllati per i farmaci cardiovascolari. Le donne non sono mai presenti in numero sufficiente negli studi clinici controllati e quindi non conosciamo l’efficacia dei farmaci nel genere femminile, sappiamo invece che il mancato studio nei farmaci nelle donne può essere la ragione per cui le donne hanno il 40 percento di effetti tossici in più rispetto ai maschi. Gli studi clinici controllati avvengono raramente nei bambini in generale si adeguano le dosi al peso corporeo, ma il bambino non è un piccolo adulto, è un organismo in fase di crescita ed è molto probabile che i principi attivi dei farmaci abbiano un effetto differente sugli organi in fase di crescita in cui il metabolismo è molto diverso rispetto agli adulti. Sarebbe necessario poter seguire nel tempo i bambini che hanno ricevuto farmaci per capire se possono esserci effetti tossici, ma nessuno si occupa di ricercare eventuali effetti tossici.
Per diminuire il mercato della medicina è necessaria una grande rivoluzione culturale che ponga come fine primario della medicina la “prevenzione”. Molte delle malattie non piovono dal cielo ma dipendono dai nostri comportamenti. Abbiamo per esempio 4 milioni di diabetici in Italia con una serie di complicazioni visive, cardiovascolari e renali, ma il diabete di tipo 2 è una malattia evitabile. Il 40 percento dei tumori è evitabile, ma purtroppo ogni anno muoiono 180mila persone di tumore. Una rivoluzione culturale richiede che siano propagandate a tutti i livelli quelle che vengono definite le buone abitudini di vita, non fumare, non bere alcol perché carcinogeno, non usare droghe, non divenire dipendente dal gioco d’azzardo, invece avere una buona attività motoria, mantenere un peso corporeo normale attraverso una dieta varia e moderata e intensificare i rapporti con l’ambiente avendo continue relazioni sociali e avere una durata di sonno di almeno 7 ore al giorno. In particolare va sottolineato il fatto che l’alcol, pur essendo carcinogeno, continua a essere pubblicizzato nei mass media.
È molto difficile diffondere l’informazione ad esempio sulla cancerogenicità del vino perché la pubblicità contribuisce all’esistenza dei mass media avendo in Italia un fatturato di circa 50 miliardi di euro all’anno. Inoltre sono importanti come forma di prevenzione primaria le vaccinazioni e gli screening per malattie croniche o per tumori. Per realizzare tutto ciò è necessario che si realizzi in Italia una Scuola Superiore di Sanità per la formazione dei dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale e d’altro lato a livello delle scuole di tutti i livelli 1 ora di lezione sulla salute alla settimana per ogni classe, realizzata da persone preparate per questo scopo. C redo di aver dato alcune ragioni ma ve ne possono essere molte altre (come si può leggere nel Box). La speranza che vorrei vedere realizzata il più presto possibile è che la medicina sposti la sua finalità principale dalle cure alla prevenzione, ciò significherà una diminuzione dalle azioni inutili o evitabili del Ssn.
La prevenzione non è solo un atto di “sano egoismo” per evitare malattie e sofferenza, ma evita che le famiglie soffrano quando un membro è ammalato ed inoltre migliora l’economia del Paese che dipende dalla salute pubblica. Infine la prevenzione è un atto di solidarietà nei confronti di coloro che hanno malattie “non evitabili” e quindi hanno bisogno del massimo aiuto da parte del Ssn che appunto dovrebbe essere “liberato” dalla necessità di occuparsi delle malattie che ci autoinfliggiamo con le cattive abitudini di vita. Alla fine scopriamo che evitare le malattie è una speranza che invita ad attuare l’evangelico « Amerai il prossimo tuo come te stesso».
*Fondatore e presidente Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs