Sarebbe bellissimo e giusto se la famiglia restasse al centro della scena
La politica delinea scenari e promette sostegni al desiderio di figli, poi quando il gioco si fa serio le priorità diventano altre, dalle pensioni al cuneo. La crisi demografica nasce anche da qui
Massimo Calvi
|3 mesi fa

Uno dei rari punti fermi rimasti in un tempo senza stagioni certe è la ripartenza del dibattito politico-economico, quasi rito di fine agosto, una macchina che riaccende i motori al Meeting riminese e piano piano va a regime, prendendo corpo tra segnali e mezze frasi, cose serie, salti in avanti, promesse e provocazioni. L’obiettivo finale è la Legge di Bilancio, cammino lunghissimo, ma da qualcosa si deve pur sempre incominciare. E la tradizione vuole che, pur coi lidi orfani di famiglie, la famiglia sia tema ricorrente, specialmente mentre la crisi demografica si è capito essere crisi autentica. Negli ultimi tempi, va riconosciuto, se ne è parlato più del solito, bene. Ma la storia insegna che, quando il gioco si fa duro, allora la famiglia esce un po’ di scena ed è altro a prendere il sopravvento. Ad esempio il tema-pensioni. Curioso, dato che la dinamica della solidarietà intergenerazionale insegna che la demografia, cioè natalità e migrazioni, ha molto a che vedere con la previdenza, però in fin dei conti tempi e regole del ritiro sono argomenti più coinvolgenti. Normale: l’invecchiamento o il “degiovanimento” del Paese è anche questo, per un banale dato numerico, di consistenza delle generazioni e di attenzioni elettorali. In ogni caso colpisce che, nel Paese in cui quasi non nascono più bambini, vogliamo sapere e leggere soprattutto di età della pensione e non invece di quali sostegni occorrano per il sogno di una famiglia con i figli, se lo si vuole, o – come piace agli economisti – per allargare la base contributiva. È proprio una questione di cultura, insomma. Un po’ di colpa lo ha quel “rassegnazionismo” che ha conquistato molti autorevolissimi osservatori: siccome le nascite calano ovunque, e ovunque sembra esserci meno voglia di famiglia, persino dove le “misure” sono storicamente radicate e generose, allora si ritiene che le “misure” non servano più. Dimenticando però che una cosa è passare da 1,9 figli per donna a 1,6, o da 1,6 a 1,3 in pochi anni, un’altra è, come solo in Italia, stare attorno a 1,2 da più di tre decenni. Per essere chiari: la Francia è in allarme perché da poche settimane i morti hanno superato i nati, mentre da noi il sorpasso è avvenuto ormai nel 1993! Le “misure”, insomma, dove ci sono state, hanno funzionato eccome, anche se il contesto sta cambiando, ed è chiaro che, se la situazione dovesse ricambiare nuovamente, di sostegni meglio averne tanti che pochi, e soprattutto crederci. Ciò per dire come sarebbe bello vedere i sogni prendere corpo e, quando arriva una voce che accenna a meno tasse per le famiglie o quozienti familiari, poi quel sussurro diventare un coro collettivo prima dell’inverno. Non perché nell’inverno (demografico) siamo già congelati, ma per un senso di giustizia e di bellezza.
Si è parlato ad esempio di un fisco favorevole per i giovani, o di imposte progressive in base all’età: perché non farlo veramente e lasciare che le tasse restino basse se dopo arrivano i figli? Per chi altrimenti dovrebbero calare queste tasse, e per quale ragione? È anche sul tavolo la riforma dell’indicatore Isee, tra l’idea di scontare la prima casa o altri sostegni, ma la vera riforma sarebbe poter registrare tutti i figli per quello che “pesano” realmente, non come “zerivirgola”: un tempo, quando cresceva la famiglia, si allungava il brodo, oggi libri, computer, telefoni, autobus, pizzate, corsi e viaggi sono spese fisse senza economie di scala possibili, ne vogliamo prendere atto o continuare a far finta di essere in guerra? E poi c’è la ripresa della scuola: chi ha il coraggio di parlare di trasporti gratuiti, o a tariffe simboliche, per tutti gli studenti nelle aree metropolitane e delle città universitarie? O di mense gratuite alla scuola dell’obbligo? O di tassa rifiuti: veramente un bambino piccolo in casa “inquina”, e lo fa più di un cane o di un gatto? Alla vera ripresa servono una retribuzione adeguata, una casa anche se non si dispone di patrimoni, occorrono servizi. Poi sarebbe non solo giusto, ma anche bellissimo – una grande sfida – provare a prendere sul serio la crisi demografica, o la fatica di diventare genitori, e dare alle possibili misure “per la famiglia” lo stesso credito che si attribuisce a tagli del cuneo, anticipi previdenziali, rottamazioni di cartelle e via dicendo. I margini di bilancio potrebbero persino esserci. L’occasione è dimostrare che, dopo i convegni, si fa tutti sul serio. Se nessuno volesse più figli, allora pace, zero costi. Ma se per caso il desiderio latente aspettasse solo una spinta, una scintilla, per tornare a correre, e oltre? È proprio anche una questione di mentalità, di cultura: forse vale la pena dare più fiducia alle nuove generazioni, e non costringerle a pensare come noi che abbiamo una certa età.

