«Preghiamo per i bambini d’Ucraina, di Gaza e di tutte le regioni in guerra»

«Trasformate il vostro grido nella prova in una preghiera fiduciosa, Dio ascolta sempre i suoi figli», ha detto il Papa all’udienza generale rivolgendosi in particolare ai fedeli della Terra Santa

Agnese Palmucci
|2 mesi fa
Ansa | Leone XIV benedice un bambino durante l'udienza generale in piazza San Pietro. Nella sua catechesi, ha invitato i fedeli a contemplare Gesù nella sua ora estrema, quella della morte in croce
Ansa | Leone XIV benedice un bambino durante l'udienza generale in piazza San Pietro. Nella sua catechesi, ha invitato i fedeli a contemplare Gesù nella sua ora estrema, quella della morte in croce
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Trasformate «il vostro grido nei momenti di prova e tribolazione in una preghiera fiduciosa», ha detto stamani Leone XIV ai fedeli di lingua araba presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale, e rivolgendosi in particolare a quanti provengono dalla Terra Santa, «perché Dio ascolta sempre i suoi figli e risponde nel momento che ritiene migliore per noi». Un richiamo alla preghiera, per i cristiani di Palestina, che diventa ancora più significativo in queste ore in cui l’esercito israeliano ha ordinato alla popolazione di Gaza City di evacuare la città in vista di un’imminente offensiva contro Hamas. Oggi infatti, al centro della meditazione del Papa, sul brano della morte in croce di Gesù, c'è stato proprio il gesto del "grido": l’ultimo grido di Cristo, come quello dei “crocifissi” della Terra, sofferenti per i conflitti, le violenze, la fame.

La preghiera per i bambini dell’Ucraina e di Gaza

In una piazza gremita di fedeli per l’udienza, nonostante la pioggia battente, il Pontefice ha ricordato, commentando il Vangelo di Marco (Mc 15,37), che Gesù con le sue ultime parole al Padre «ci ha mostrato che la nostra speranza può gridare». Quando tutto sembra perduto, ha spiegato il Papa, il grido della speranza è il «gesto spirituale» che arriva più forte al cuore di Dio. È proprio «in quell’uomo straziato che si manifesta l’amore più grande - ha aggiunto, dopo aver salutato in papamobile e ringraziato i presenti per la pazienza sotto la pioggia -. In lui possiamo riconoscere un Dio che non resta distante, ma attraversa fino in fondo il nostro dolore». Poi il pensiero di Leone XIV è andato al grido del bimbi vittime di tutte le guerre. Ai fedeli polacchi, infatti, che oggi celebrano la Giornata nazionale dei bambini polacchi che hanno subito gli orrori del secondo conflitto mondiale, il Papa ha chiesto di ricordare «nelle preghiere e nei vostri progetti umanitari anche i bambini dell’Ucraina, di Gaza e di altre regioni del mondo colpite dalla guerra».

Il grido di Gesù è fiducia che resiste quando tutto tace

Sulla croce «Gesù non muore in silenzio», ha continuato il Pontefice proseguendo il ciclo delle catechesi nell’Anno giubilare, «non si spegne lentamente, come una luce che si consuma, ma lascia la vita con un grido: “Gesù, dando un forte grido, spirò”». Un gesto umano, eppure così divino, che «racchiude tutto: dolore, abbandono, fede, offerta», e quindi non solo «la voce di un corpo che cede, ma il segno ultimo di una vita che si consegna». Nel Vangelo di Marco, poi, prima di morire Cristo pronuncia una delle domande più amaramente conosciute e ripetute dagli uomini nel corso della storia: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», il primo versetto del Salmo 22. Il suo grido, come quello di migliaia di esseri umani affranti dalla vita, in quel momento è l’espressione di chi, pur avendo «sempre vissuto in intima comunione con il Padre, sperimenta ora il silenzio, l’assenza, l’abisso». Il suo grido, però, ha sottolineato papa Leone, «non è disperazione, ma sincerità, verità portata al limite, fiducia che resiste anche quando tutto tace».

Nel gridare c’è una speranza che non si rassegna

Grazie a quel gesto così potente, anche il centurione si converte sotto la croce. «Noi siamo abituati a pensare al grido come a qualcosa di scomposto, da reprimere. - ha spiegato il Papa - Il Vangelo conferisce al nostro grido un valore immenso, ricordandoci che può essere invocazione, protesta, desiderio, consegna». Così, quando l’uomo non ha più parole, per esprimere ciò che porta nel cuore, il grido «può essere la forma estrema della preghiera», proprio perché in quel gesto, «Gesù ha messo tutto ciò che gli restava: tutto il suo amore, tutta la sua speranza». Ed è proprio sul legame tra l’urlo, che a primo impatto potrebbe parlare solo di disperazione, e la speranza, che Leone XIV si è soffermato molto. Nel gridare, infatti, ha sottolineato, c’è «una speranza che non si rassegna»: si grida «quando si crede che qualcuno possa ancora ascoltare. Si grida non per disperazione, ma per desiderio. Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui».

La voce sofferta dell’umanità diventa sorgente di speranza

Ecco come il “gridare” diventa un gesto del tutto legittimo, perché profondamente umano e divino. Ecco come “gridare” diventa allora un «gesto spirituale», «un modo per restare vivi», ha detto il Vescovo di Roma, perché «si grida quando si soffre, ma pure quando si ama, si chiama, si invoca. Gridare è dire che ci siamo». Il Papa ha invitato a riconoscere i momenti della vita «in cui trattenere tutto dentro può consumarci lentamente», e a guardare Gesù, che insegna a non avere paura del «grido della speranza, purché sia sincero, umile, orientato al Padre». Sono tante le situazioni di sofferenza, disagio e chiusura, anche nel silenzio delle case, tra le vie delle città. Ma un grido, ha ribadito ancora, «non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio». Proprio quando tutto sembrava finito, sulla croce, in realtà la salvezza stava per iniziare. «Se manifestata con la fiducia e la libertà dei figli di Dio - ha concluso il Papa - la voce sofferta della nostra umanità, unita alla voce di Cristo, può diventare sorgente di speranza per noi e per chi ci sta accanto».

I saluti al termine dell’udienza

Al termine dell’udienza, il Pontefice ha salutato i pellegrini provenienti dal Canada e dalla Francia, a cui ha ricordato, nel momento della prova, di camminare sull’esempio dei «nuovi santi Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis», imparando «da Cristo il grido di speranza e il desiderio di aprire i nostri cuori alla volontà del Padre». Poi il saluto ai fedeli arrivati da Inghilterra, Irlanda, Scozia, Danimarca, Malta, Norvegia, Uganda, India, Indonesia, Israele, Malesia, Singapore, Dominica e Stati Uniti, e ai pellegrini di lingua italiana, inglese, tedesca, cinese, spagnola e portoghese. Infine Leone XIV si è rivolto ai pellegrini di lingua italiana, salutando in particolare il vescovo Daniele Salera, presente con la sua diocesi di Ivrea, il vescovo Giampaolo Dianin, con la sua diocesi di Chioggia, il vescovo Giacomo Cirulli con le diocesi di Teano-Calvi, Alife-Caiazzo e Sessa Aurunca, il vescovo Giuseppe Schillaci, con la diocesi di Nicosia, il vescovo Renato Marangoni con la diocesi di Belluno-Feltre e il vescovo Pietro Maria Fragnelli, con la diocesi di Trapani.