Il dibattito sull'origine della Sindone non ci mostra la sua forza spirituale

Al di là delle dispute storiche e scientifiche, la Sindone resta un’icona unica: oggetto di devozione, meditazione e riflessione cristologica, capace di suscitare sia fede sia ricerca intellettual

Gian Maria Zaccone
|2 mesi fa
. | Il volto di Cristo così come compare nella Sacra Sindone
. | Il volto di Cristo così come compare nella Sacra Sindone
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In questi giorni si è riacceso un dibattito sulla possibile origine medievale della Sindone, per il reperimento di una nuova fonte storica – Nicola d’Oresme – che, pur anticipando le affermazioni del vescovo Pierre d’Arcis datate intorno al 1390, non porta un sostanziale contributo alla soluzione della questione. Dimostra al più quale possa essere stata la reazione di una classe più avvertita e con precisa responsabilità pastorale nei confronti di un oggetto senza un retroterra, né storico, né scritturale, né culturale e tantomeno iconografico. Ho spesso ribadito la necessità che i documenti vengano valutati e collocati nel contesto storico in cui nascono. Disponiamo di un’ampia letteratura che testimonia in quei secoli analoghe reazioni a culti e devozioni senza supporto, e anche documenti magisteriali, come ad esempio il canone 62 del IV Concilio Lateranense (1215). Dunque, le posizioni emerse sono in linea con le cautele giuridiche vigenti all’epoca e non ci si attende potessero essere diverse.
Antonio Musarra, pur dichiarando la sua inclinazione a ritenere la Sindone un manufatto medievale – che per tanti motivi non mi sento di condividere –, dimostra tuttavia che si possono tenere separati il proprio sentire dal mestiere di ricercatore. Il testo ritrovato dimostra soltanto come le questioni legate alla comparsa dell’insolito e per l’epoca inconcepibile oggetto avessero varcato i confini del villaggio di Lirey, confermando un culto popolare e un interesse diffuso, ma tuttavia non offre elementi chiarificatori circa le modalità della supposta indagine compiuta, né l’impianto su cui si sarebbe basato il riconoscimento di una falsificazione, né i mezzi con cui si svolse l’analisi e gli strumenti utilizzati. Certamente l’omissione scritturistica della notizia di un telo contenente un’impronta era per l’esegesi dell’epoca dirimente.
Come storico, e in particolare storico della Pietà, non provo particolare trasporto per la questione della cosiddetta “autenticità”, che per altro mi affascina intellettualmente, poiché la ritengo poco pertinente alla questione. Nel campo delle reliquie e delle immagini occorre in particolare prestare attenzione a non “gettare il bambino con l’acqua sporca”, secondo l’aforisma di Tomas Murner. Ci troviamo storicamente di fronte a un oggetto insolito che, per il credente, la Provvidenza ha posto sulla strada degli uomini, perché in essa e con essa si confrontino attraverso gli occhi del corpo e dello spirito, per cogliere quel legame – questo sì autentico – con la narrazione evangelica, quale Specchio del Vangelo, come la definì san Giovanni Paolo II. Il riflesso dunque della Parola, della Verità: non la Verità. È questa la base per cui si può definire la Sindone con il termine “icona”, autorevolmente adottato da Benedetto XVI, definizione di una realtà che si discosta nettamente dal più generico concetto di “imago”. Confondendo i due termini e la loro significanza teologica ci si allontana di molto dalla comprensione della Sindone nella sua sostanziale realtà. Se, come insegna da sempre la Chiesa, l’onore nei confronti dell’icona non va alla rappresentazione ma al rappresentato, perché non riconoscere il ruolo che la Sindone ha rivestito nella storia? Milioni di persone a cui dobbiamo rispetto si sono inchinate di fronte a quell’immagine, attraverso di essa hanno meditato sull’incarnazione, morte e resurrezione di Cristo; l’hanno raffigurata e diffusa, certo non spinti da una costrizione; hanno invocato nei momenti di difficoltà Colui che in essa è raffigurato. La Chiesa tiene in conto tutto questo, maturando nel tempo quella che oggi chiamiamo “pastorale” intorno alla Sindone.
È ampiamente condivisibile la lezione di Geary: le reliquie sono di per sé oggetti passivi e neutri, ma sono gli individui che entrano in relazione con esse, caricandole di valori e coinvolgendole nella propria vita, i soggetti dell’indagine storica. Personalmente condivido il giudizio dell’agnostico scienziato Yves Delage che nel 1902, pur ritenendo fondata l’identificazione della persona con Cristo, riconosceva che si tratta di una scelta individuale e critica, che ognuno può operare solo con un percorso di approfondimento, senza gettare anatemi verso chi compie una scelta diversa dalla propria. Fondamentale è non perdere di vista il messaggio profondamente cristologico e devozionale di quell’immagine. Non a caso monsignor Giuseppe Ghiberti, biblista e noto studioso della materia, ripeteva che il rapporto con la Sindone è di carattere prescientifico.
Proviamo dunque ad avvicinarci con la libertà, la fiducia e l’umiltà dei piccoli, riconoscendo che la Sindone rappresenta, al di là della questione della sua origine e prescindendo dalle proprie convinzioni su di essa, un oggetto di straordinaria potenza comunicativa ed evocativa, il cui innegabile rimando alla Passione di Cristo ne fa una realtà unica dal punto di vista religioso, con enormi potenzialità pastorali e spirituali, ma anche capace di suscitare l’interesse intellettuale degli studiosi di tante discipline.
Direttore del Centro internazionale di Studi sulla Sindone​