L'Italia ora ha un dividendo da governare, facendo riforme utili
Al Governo, in questa congiuntura positiva, vanno riconosciuti alcuni meriti. Per consolidare i progressi, però, la fiducia dei mercati va investita in un progetto di crescita, che segni una svolta
Francesco Riccardi
|3 mesi fa

Un’estate fa, la storia di noi italiani era un’altra. Oggi, ci troviamo di colpo in una condizione economica diversa. Elogiati addirittura dalla Banca centrale europea, pronti a uscire dalle procedure d’infrazione per deficit eccessivo. Con uno spread azzerato sui titoli di Stato francesi e ridotto a un minimo di 89 punti rispetto ai Bund tedeschi. Lontanissimi non solo dal record di 574 punti del Governo Berlusconi nel 2011, ma anche dagli oltre 270 segnati all’insediamento dell’esecutivo di Giorgia Meloni. Ancora, l’occupazione continua a crescere e la disoccupazione è scesa ai minimi dal 2007. Tanto che con il 6% di senza-lavoro, siamo tornati dopo molto tempo al di sotto della media nell’area euro (a luglio al 6,2%). Certo, il Pil dell’Italia nell’ultimo trimestre ha frenato, nonostante continuino ad affluire i fondi del Pnrr. Ma i Paesi leader del continente vanno mediamente peggio di noi e l’Italia rimonta posizioni: da vagone di coda “rischia” quasi di ritrovarsi locomotiva, da Pigs che fu a futuro Paese virtuoso, candidato ad essere accolto nel gruppo dei cosiddetti “Frugali”.
Paradossale, per certi versi, visto che sottopelle le fragilità del nostro Paese rimangono: dall’occupazione che cresce anche perché gli over 50 non possono andare in pensione, all’industria in sofferenza per la crisi dell’automotive, fino al macigno del debito pubblico, salito oltre i 3mila miliardi di euro. Soprattutto, c’è buona parte della popolazione che resta “incastrata” tra prezzi in aumento da un lato e salari al palo dall’altro, senza intravvedere una prospettiva di miglioramento.
Al Governo, in questa congiuntura, vanno riconosciuti alcuni meriti: dalla disciplina di bilancio operata dal ministro Giancarlo Giorgetti alla guida salda della premier. Giorgia Meloni è stata infatti capace – al di là del giudizio sulle singole scelte – di contenere le spinte centrifughe della sua maggioranza e fungere da baricentro in Europa e Oltreatlantico. A pagare, in questa fase eccezionalmente difficile sul piano internazionale, è proprio questa (inedita) stabilità politica dell’Italia a fronte dell’instabilità e incertezza di Francia, Germania e Gran Bretagna. Per consolidare i progressi, però, il “dividendo” della maggiore fiducia dei mercati va investito in un progetto di crescita, con una legge di Bilancio che segni davvero una svolta, capace di iniettare speranza nei cittadini e lanciare all’esterno il segnale che l’Italia è davvero cambiata.
Sul piano interno, questo è il momento opportuno per rivoluzionare in profondità il Fisco, introducendo finalmente il criterio del quoziente familiare. I benefici per i nuclei con figli sarebbero decisamente maggiori rispetto a quelli derivanti dalla limatura della seconda aliquota Irpef, di cui si discute in questi giorni. Una scelta certamente molto più equa che non assicurare l’ennesimo regalino agli evasori con la rottamazione delle cartelle esattoriali o insistere con le varie flat tax che accrescono le differenze di trattamento tra i contribuenti e infrangono il principio della progressività. Il Governo Meloni onorerebbe così una delle promesse più importanti spese in campagna elettorale e – assieme al già ipotizzato piano per assicurare alloggi a prezzi calmierati alle giovani coppie – lancerebbe un segnale forte e inequivocabile di sostegno alla famiglia e alla natalità.
Una seconda pista d’intervento potrebbe riguardare il lavoro e le imprese. Meritoriamente la maggioranza ha fatto propria la proposta della Cisl sulla partecipazione decisionale, organizzativa e finanziaria dei lavoratori alle imprese, approvando una legge innovativa. Ora occorre renderla pienamente efficace con incentivi fiscali e sostegni alle aziende che aprono il capitale ai dipendenti e che fanno crescere i salari legandoli maggiormente a utili, fatturati e risultati d’impresa. Una maggiore partecipazione dei lavoratori inciderebbe in positivo anche sulla produttività delle aziende stesse, favorendo così la crescita economica.
L’ultima azione utile potrebbe essere quella di finanziare e dare concreta attuazione a uno dei moduli della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, approvata nel 2023 e finora rimasta in gran parte sulla carta. Anche qui con un duplice risultato: fornire sostegno a una porzione significativa della popolazione, alle famiglie che si fanno carico dei propri anziani, e creare occupazione certificata e di qualità nel settore della cura, uno dei segmenti che vivranno oltre la rivoluzione della Intelligenza artificiale.
In questa strana estate, in cui si alternano caldo torrido e forti rovesci, il Governo ha l’occasione di consolidare la crescita dell’Italia, di non limitarsi a galleggiare mentre altri Paesi finiscono decisamente sott’acqua, ma di lanciarsi in una navigazione nel mare aperto delle riforme. Quelle utili davvero.

