Una proposta (indecente) per Milano: fondersi con il suo hinterland
Il paradosso di una città-castello in cui in tanti vogliono entrare, la periferia conta poco, il ceto medio è sceso di livello, le case sembrano inarrivabili. Serve ampliare i confini, non solo fisici
Massimo Calvi
|4 mesi fa

Imagoeconomica | Una vista dei grattacieli di Milano
Una soluzione semplice, non indolore, ma lineare, volendo, ci sarebbe, per riequilibrare i prezzi delle case a Milano e contrastare col buon senso e il mercato il fenomeno dell’espulsione del ceto medio dalla “sua” città: sciogliere le municipalità dell’hinterland e chiamare “Milano” il territorio tracciato dall’anello delle tangenziali. Cologno, Pero, Sesto, Novate, Corsico, anche Cinisello… tutto solo una grande Milano. Scemerebbe l’onta dell’abitare “fuori” e pure il concetto di “città che espelle”, accrescendo la potenziale disponibilità di alloggi.
Paradosso? Non tanto. Seguirlo agevola nel decifrare tante questioni attorno al capoluogo lombardo, smontando luoghi comuni e svelando incrostazioni. Disciolti i sobborghi milanesi, per inerzia, opportunità politica o necessità, ecco collegamenti efficienti, metropolitane in lande trascurate, sconti per il trasporto pubblico uguali per tutti, tante tariffe anche, insieme ai servizi, e il faro dell’attenzione sociale a illuminare territori dimenticati e luoghi che non contano molto, favorendo mobilità, anche leggera, dove domina il gasolio, intermodalità, connessioni, dinamicità e senso di appartenenza. Ci sono dei rischi, con la caduta delle “mura” erette a protezione di centralità ed esclusività, e favorendo un confronto meno ombelicale ed elitariamente orientato attorno a priorità, emergenze, povertà e condizione del ceto medio o popolare. Ci sarebbe il discorso della Città Metropolitana, ad esempio, ma chi ne parla più? Il modello-Milano è anche questo circolino ristretto, regge, ma le scosse si avvertono di più ai piani alti. Serve qualcosa che rompa lo schema, insomma. Perché se nel castello non c’è posto per tutti, e dentro restano solo i prìncipi con la corte, e la pressione a entrare cresce, e tutto diventa museo e intrattenimento, le alternative non sono molte: o si amplia il recinto fortificato, oppure qualcuno prima o poi lo abbatte. Il “tutti contro tutti” ha poco di ambrosiano.

Occorre ammettere che sul caso Milano si è fatta fin qui tanta confusione, miscelando questioni. Una cosa è l’inchiesta giudiziaria che deve appurare se vi è stata corruzione, a valle di possibili conflitti di interesse, nei permessi a costruire alcuni edifici, spesso grattacieli. Un’altra l’ampliamento della Milano degli apericena per giovani e adultescenti, causa di gentrificazione ed esodi familiari per esasperazione e impellente bisogno di comunità. Un’altra la città degli affitti brevi e della piccola rendita immobiliare, fenomeno in gran parte autoctono ed ereditiero, ma capace di alterare equilibri residenziali. Un’altra la lottizzazione delle volumetrie per censo, opera complessa se lo spazio edificabile è ambito e conteso, le regole fumose e discutibili, i vantaggi nei cavilli, l’alta politica subappaltata. Un’altra cosa ancora, infine, il deterioramento del ceto medio nazionale che non solo fatica a permettersi Milano, ma ormai un certo tenore di vita un po’ in tutto il Paese, e non si rassegna con stile e sobria dignità al declassamento, giacché i veri poveri, alla fine, una casa la trovano. Ogni cosa è collegata, ma incrociare i piani, per quanto suggestivo, confonde le idee. Un po’ come dare la colpa dei grattacieli agli interisti – che volendo ci sta - e della movida coi botti ai milanisti – anche, dai: però si va fuori strada. Case, vivibilità, accoglienza, etica: ogni singolo aspetto vive di vita propria e discende da una questione più grande, al contempo semplice. Il fatto è che tanti, tantissimi, vogliono vivere qui, lo spazio ambìto è poco, la cinta è alta, l’asta che ne discende spalanca margini di guadagno e di rendita. Serve alzare il livello un po’ per tutti, la qualità del vivere dove la gente riesce a vivere. Un’idea per schiarirsi i pensieri: salire in cima a un grattacielo e guardare a chi sta in basso, o fuori. Senza sporgersi troppo. Milano è molto più grande di quello che crede.

